, Camillo Boito Senso 

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niere coperto di foglie fresche, proibendole di guardarvi
Letteratura italiana Einaudi 151
Camillo Boito - Senso
dentro, e dopo un ora torna e trova la ragazza in deli-
quio, perché ella aveva trovato nel paniere una testa
d uomo tagliata.
La vecchia continuava interrottamente, fermandosi
ad ogni venti passi:  Mi nacque a poco a poco nel cuore
una cosa nuova, il rimorso. Entrai qualche volta in chie-
sa; ascoltai qualche messa. Passato un anno, tornò a Ba-
golino il Beato Antonio. M acconciai per il primo ser-
mone accanto al pulpito, e vidi il Santo pallido, smunto,
salire faticosamente i gradini. Annunziò con voce fioca
l argomento della predica: Il Demonio muto. La sua pa-
rola era lenta, quasi stentata, ma tanto semplice, tanto
chiara, che nasceva negli ascoltatori una certa maraviglia
di non avere pensato prima da sé a così naturali discorsi.
«Nell animo nostro (egli diceva) noi nascondiamo quasi
sempre, spesso senza volerlo, qualche volta senza saper-
lo, la memoria o il desiderio di un peccato. Come non lo
confessiamo al prete, così non lo confessiamo a noi stes-
si. E pure quel punto, quella piccola ulcera venefica un
po alla volta s allarga, si estende e incancrenisce via via
l anima intera. Ci credevamo giusti, ci troviamo iniqui».
E il Santo veniva agli esempii: la moglie, che dal grato ri-
cordo di una stretta di mano scivola alla infedeltà; il ne-
goziante, che dalla prima menzogna sul prezzo di una
merce scende al fallimento bugiardo; il servo, che ruba
prima un soldo sulla spesa, e poi, vedendo come la pa-
drona non se n accorge, ne ruba due, dieci, venti, e fini-
sce col rubare nella borsa e nello scrigno; il giovinotto,
che dal primo stravizio precipita all ubbriachezza: e così
per ognuno quasi degli ascoltatori c era una parola che
lo toccava dentro.
«Nella più remota e angusta cameretta del cuore al-
loggia il Demonio muto. Egli se ne sta lì accovacciato,
arrotolato, silenzioso; ma poi, quando gli pare che l uo-
mo sia più distratto o più fiacco, stende le membra,
s adagia, s impadronisce di una stanza, dell altra, e rie-
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sce ad occupare tutta quanta la casa della nostra co-
scienza. La nostra coscienza diventa allora un inferno.
Tutto sta dunque nel guardarci dentro e nel trovare il
nostro mortale nemico, quand egli è ancora quasi im-
percettibile: tutto sta nel cacciare via subito il piccolo
Demonio muto». Ma il Santo cangiava voce. Da dolce e
insinuante ch era in principio, diventava aspra, violenta,
terribile. Parlava sul Demonio muto delle coscienze già
infami: delle donne empie, degli uomini perversi, che
occultano un peccato obbrobrioso. Terminò tuonando,
sicché la chiesa rimbombava: «Furti, assassinii, inganni,
sacrilegii, lordure d ogni specie, venite fuori dal petto di
voi che m ascoltate, entrate nelle mie orecchie; e salga il
vostro rimorso e il vostro pentimento a Dio. Dio è mise-
ricordioso!». Il popolo si gettava per terra e, piangendo,
gridava: «Pietà, pietà!».
La vecchia, già stanca, sedeva nel mezzo della strada,
e ormai l oscurità era così fitta, ch io appena distinguevo
il corpiciattolo bruno. Sembrava che la voce uscisse da
sotto terra. Cominciai a sentirmi de brividi nelle mem-
bra, poiché tirava un vento fresco, il quale faceva stor-
mire le foglie e produceva dei fischi e come degli ululati
lamentevoli e strani. Neanche un lume lontano; neanche
una stella. Il suono fesso delle parole della vecchia che
ricominciava:
 Uscii dalla chiesa, convertita e spaventata. Tornai a
casa correndo. Mi prese una febbre, che per dieci giorni
tenne il mio corpo in orridi vaneggiamenti. Non ero
guarita, quando una mattina scappai dal sito dove abita-
vo, distante un ora, e, portando con me la chitarra, che
avevo rubata al rogo del Santo, andai a Bagolino per
confessarmi. Il Beato Antonio era già andato a Gardone,
assai malato anch esso, quasi morente. Presi una carret-
tella, e, sempre col mio strumento maledetto, partii. Il
giorno appresso ero in val Trompia, a Gardone. Corsi
tosto alla chiesa, e la vidi tutta parata di nero, tutta a ce-
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ri ardenti. L infinito popolo singhiozzava e pregava; i sa-
cerdoti cantavano a morto. Nel mezzo, sopra un immen-
so catafalco, seduto in un trono maestoso, vestito degli
abiti sacri, col calice in mano, stava il Santo, più livido
che mai. Era immobile. Aveva gli occhi aperti e fissi. Pa-
reva che guardasse. Il cadavere, certo, mi malediva.
La vecchia riprese a camminare assai lenta. Io le an-
davo dietro senza vedere più nulla.
 Siamo lontani?  le domandai.
Non rispose. Si continuò a salire la montagna. La vec-
chia era diventata taciturna, ma sentivo sempre il pic-
chio del suo bastoncino sui sassi. Finalmente si giunse
dinanzi ad un casolare. La vecchia spinse l uscio ed en-
trò. Cercò qualcosa, e poi, battendo con l acciarino, fece
uscire dalla pietra qualche scintilla; accese l esca e un lu-
mino, il quale rischiarava assai male la miserabile stanza.
Un po di strame in un angolo, una panca, una cioto-
la; il tetto nascosto dai ragnateli; il pavimento di mota
lubrica; i muri di sassi tutti sconnessi e cadenti.
La strega, gettandosi per terra, levò le foglie muffite
del suo giaciglio e cominciò a raschiare con le unghie il
terreno. Dopo un quarto d ora mi fece segno di acco-
starmele, e vidi il coperchio di una cassa; aiutai la vec-
chia a levarlo, ed apparve la famosa chitarra con le sue
corde spezzate. Alla luce del lumino fumoso le perle
sembravano scintillette scialbe e l argento del piccolo
Apollo brillava appena. La vecchia mi porse lo strumen-
to con un sorriso che le contorceva la bocca, e disse tra
sé:
 Morirò più quieta.
Salutai la povera donna, ed uscii dal casolare, dove il
tanfo cominciava a nausearmi. Solo, nelle tenebre più
nere, con la chitarra sotto il braccio e senza rammentar-
mi il cammino, puoi pensare, nipote mio, se mi sentissi
lieto. Mi guidarono le punte dei grossi sassi della via,
martoriandomi i piedi. Dio volendo, a mezzanotte bus-
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sai alla porta dell Albergo, dove tutti dormivano; e, an-
dato a letto, sognai tutta notte lemuri, fantasmi, diavoli,
megere e streghe.
Sei mesi dopo tornai a Bagolino per le mie caccie, e
volli andare a salutar la mia vecchia. Trovai con grande
stento il casolare. Era deserto. Domandai notizie di essa
ai contadini della montagna ed allo scaccino della chie-
sa. Era sparita da un pezzo, proprio come una strega.
Nessuno ne ha saputo più nulla.
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Oggi è stata una magnifica festa, di quelle che lascia-
no il cuore più sereno e più alto. Si cominciò ier sera con
i fuochi sulle montagne. Tu avessi visto com era bello
quell improvviso accendersi, quell alternarsi di qua, di
là, delle fiamme d allegria, alla distanza di più miglia,
dall una e dall altra parte della valle; e come pareva che
le cime dei monti si rispondessero nel gaio linguaggio di [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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